Riduzione del rischio sismico
RISCHIO SISMICO
Utilizzando velivoli automatici (droni) e tecniche di realtà virtuale, una ricerca italo-inglese sperimenta con successo un nuovo metodo per lo studio del rischio sismico
03.11.2014
Testo dell’articolo
Operativamente viene programmato a terra un velivolo automatico dotato di un sistema GPS di navigazione satellitare e di strumenti di ripresa ad alta risoluzione a diversa lunghezza d’onda (fotocamere “standard” e fotocamere termiche per gli infrarossi). Il drone quindi opera un sorvolo a bassa quota dell’area di interesse. Le riprese permettono di ricostruire con un dettaglio dell’ordine dei centimetri la topografia delle aree più significative di un territorio e le strutture geologiche che le caratterizzano, fonti di potenziali futuri terremoti. L’estensione delle aree riprese dal drone in Islanda è stata di qualche chilometro quadrato all’interno di un’area di studio totale di circa 30 km2. Le immagini riprese vengono poi unite in un fotomosaico tramite appositi software e restituite creando un modello tridimensionale del terreno, entro il quale i ricercatori si possono muovere in modo virtuale studiando e seguendo le fratture e le faglie create dai terremoti più recenti. Il metodo coniuga un altissimo dettaglio con una visione sinottica dall’alto, raggiungendo così la più alta precisione possibile nella mappatura delle strutture a rischio sismico, fondamentale per una migliore comprensione di questi fenomeni. Inoltre il drone può riprendere anche le pareti rocciose verticali, dove i rilievi da satellite sono impossibili.
Come spiega il Prof. Tibaldi “per comprendere a fondo il rischio sismico di un territorio è necessario ricostruire gli eventi che lo hanno interessato in un passato preistorico e storico, con lo scopo di poter riconoscere le specifiche aree che potrebbero venire colpite in futuro e per dimensionare la grandezza dei terremoti attesi. I droni sono oltretutto a basso costo, mentre ricerche analoghe su aerei o elicotteri comportano spese da dieci a cinquanta volte maggiori. Questo metodo perciò potrebbe essere particolarmente indicato nei Paesi in via di sviluppo, dove a una grande pressione demografica in aree soggette a rischi geologici si accompagna una permanente difficoltà nel reperire finanziamenti per studi di prevenzione”. Le ricerche proseguiranno nella primavera del 2015 sull’isola di Santorini in Grecia, dove il metodo verrà testato in territori soggetti ad altri rischi geologici quali frane e vulcani.
“In Islanda le riprese hanno compreso un territorio abbastanza pianeggiante – continua Tibaldi – in Grecia invece ci troveremo in presenza di pareti rocciose verticali alte centinaia di metri e spesso instabili; dovremo quindi programmare il drone per rilevare ad alto dettaglio non una topografia in orizzontale ma a sviluppo verticale. Si apriranno certamente nuovi orizzonti di indagine in località finora difficili o impossibili a studiarsi”.
Testo redatto su fonte Università Milano-Bicocca del 21 ottobre 2014
Image credit: Università Milano-Bicocca
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RISCHIO SISMICO
DPC: per l’annualità 2013, il “Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico” stanzia per gli interventi di mitigazione una quota pari a 195,6 milioni di euro
23.07.2014
Testo dell’articolo
Si tratta di una quota dei contributi previsti dal “Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico”, avviato dopo il terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009. Il Piano prevede lo stanziamento di 965 milioni di euro in 7 anni, per realizzare interventi di mitigazione del rischio sismico sull’intero territorio nazionale. L’attuazione dell’art. 11 è affidata al Dipartimento della Protezione Civile e regolata attraverso ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri (o ordinanze del Capo Dipartimento della Protezione Civile, dopo la legge 100/2012 di modifica della legge 225/1992).
L’OCDPC n. 171 – in modo simile all’OPCM n. 3907 del 13 dicembre 2010, all’OPCM n. 4007 del 29 febbraio 2012 e all’OCDPC n. 52 del 20 febbraio 2013 – regola le modalità di finanziamento degli interventi e prosegue nello sviluppo di quelle azioni che in passato sono state marginalmente, o mai, toccate da specifici provvedimenti: studi di microzonazione sismica, interventi sull’edilizia privata, sulle strutture e infrastrutture cittadine di particolare importanza per i piani di protezione civile, limitando gli interventi alle zone a più elevata pericolosità sismica e alle strutture più vulnerabili.
La quota stanziata per il 2013, pari a 195,6 milioni di euro è ripartita tra le Regioni, in modo proporzionale al rischio sismico dell’ambito territoriale, per:
a) studi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per l’emergenza (16 milioni di euro);
b) interventi di rafforzamento locale o miglioramento sismico o, eventualmente, demolizione e ricostruzione di edifici ed opere pubbliche d’interesse strategico per finalità di protezione civile (170 milioni di euro per gli interventi indicati alle lettere b e c);
c) interventi strutturali di rafforzamento locale o miglioramento sismico o di demolizione e ricostruzione di edifici privati;
d) altri interventi urgenti e indifferibili per la mitigazione del rischio simico, con particolare riferimento a situazioni di elevata vulnerabilità ed esposizione (8,3 milioni di euro).
Per il 2013, come per il 2012 e il 2011, le Regioni devono attivare gli interventi sugli edifici privati, da un minimo del 20% a un massimo del 40% del finanziamento loro assegnato, purché questo sia pari o superiore a 2 milioni di euro.
Come per l’annualità 2012, anche per il 2013 gli studi di microzonazione sismica devono essere sempre accompagnati dall’analisi della Condizione Limite per l’Emergenza-CLE dell’insediamento urbano, per realizzare una maggiore integrazione delle azioni per la mitigazione del rischio sismico e migliorare la gestione delle attività di emergenza subito dopo un terremoto. É stato previsto un meccanismo di premialità per le unioni di comuni, nelle quali il contributo di cofinanziamento degli studi di MS e analisi della CLE può essere ridotto dal 25% al 15% (lo Stato finanzia l’85% degli studi e analisi).
L’art. 22 dell’ordinanza prevede l’avvio in forma sperimentale di un programma finalizzato a garantire le condizioni minime per la gestione del sistema di emergenza. Il programma prevede l’individuazione in uno o più comuni o unioni di comuni di tre edifici strategici che assicurino il coordinamento degli interventi, il soccorso sanitario, l’intervento operativo. Le Regioni che aderiranno potranno finanziare in questi comuni o unione di comuni gli studi di MS e le analisi della CLE senza obbligo di cofinanziamento (contributo a totale carico dello Stato).
Gli interventi previsti dall’OCDPC n. 171, come per le annualità precedenti, vengono attuati attraverso programmi predisposti dalle Regioni e dalle Province autonome e comunicati al Dipartimento della Protezione Civile.
Testo redatto su fonte Sito del Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2014
Image credit: Dipartimento della Protezione Civile
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RISCHIO SISMICO
Si è svolta “Io non rischio Terremoto”, edizione 2014, la campagna nazionale per la sensibilizzazione e la diffusione della cultura della prevenzione del rischio sismico
11.07.2014
Testo dell’articolo
L’iniziativa nasce nel 2011 dalla collaborazione tra il volontariato di protezione civile, le istituzioni e il mondo della ricerca scientifica. La campagna si svolge in località ad elevata pericolosità sismica e in alcune grandi città in cui si possono avvertire forti terremoti. Protagonisti principali di questa iniziativa sono i volontari, cittadini che si assumono in prima persona la responsabilità nella prevenzione del rischio e che scendono in piazza per sensibilizzare i cittadini rispetto al rischio sismico. L’edizione 2014 della campagna si è svolta il 14-15 giugno nelle piazze del centro-sud Italia. A causa delle condizioni meteo avverse, infatti, la campagna è stata annullata nelle piazze delle regioni settentrionali e nelle Marche. Volontari delle sezioni locali di 21 associazioni nazionali di protezione civile sono stati impegnati in piazza a sensibilizzare i propri concittadini sul rischio sismico. In particolare, hanno partecipato alla campagna 2014 le sezioni locali di Ana, Anai, Anpas, Anvvfc, Avis, Cisom, Cives, Cri, Fin, Fir Cb, Lares, Legambiente, Misericordie, Nucleo di protezione civile Inps, Prociv-Arci, Prociv Italia, Psicologi per i popoli, Rnre, Ucis, Unitalsi, Vab e le associazioni regionali e i gruppi comunali di Campania, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Veneto. L’edizione 2014 della campagna si è svolta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha voluto anche esprimere il suo augurio per il successo e la riuscita dell’iniziativa.
Oltre alla campagna “Io non rischio Terremoto”, in più di 20 piazze della Calabria, della Campania, della Puglia e della Sicilia orientale, si è svolta nello stesso weekend del 14-15 giugno anche l’iniziativa “Io non rischio Maremoto”, per parlare ai cittadini anche del rischio maremoto e promuoverne un ruolo attivo nel campo della prevenzione. Lo scorso anno “Io non rischio Terremoto” è stata realizzata in 208 piazze di 197 comuni italiani di quasi tutte le regioni italiane, nel 2012 in 102 piazze, mentre nel 2011 si è svolta in via sperimentale in nove piazze di sei regioni italiane.
Testo redatto su fonti IO NON RISCHIO – www.iononrischio.it, ReLUIS
Image credit: Earthstar Geographics/ESRI
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RISCHIO SISMICO
Inaugurazione dell’Anno Mercalliano: il Presidente dell’INGV Gresta raccomanda la prevenzione come l’unico metodo davvero efficace per la riduzione del rischio sismico
29.03.2014
Testo dell’articolo
Ad inaugurare l’Anno Mercalliano è stato il presidente dell’INGV, Stefano Gresta: “Nell’immaginario collettivo questo nome evoca immediatamente la “misura” degli effetti dei terremoti. Oggi, sappiamo bene che l’unico metodo davvero efficace per difenderci da questi eventi è la prevenzione: realizzare edifici in grado di resistere alle sollecitazioni sismiche, sviluppare una migliore conoscenza e puntare a una informazione mirata ed efficace. Questi sono i punti fondamentali per ridurre il rischio sismico”. Molti altri appuntamenti sono concentrati a Napoli, per svelare “I luoghi di Mercalli”. È proprio qui, infatti, che, dal 1892, il sismologo ha insegnato all’Università e, nel 1911, ha sostituito Vittorio Matteucci alla direzione dell’Osservatorio Vesuviano (OV).
Prevista inoltre una serie di relazioni per illustrare la personalità dello studioso, precedute dall’introduzione del Direttore dell’OV Giuseppe de Natale, che ha sottolineato: “Una figura brillante come scienziato e come educatore. Aveva innumerevoli interessi culturali e soprattutto era appassionato di vulcanologia. Per questo si stabilì a Napoli, nella terra dei vulcani. Mercalli fu tra i primi a comprendere che gli edifici vulcanici si costituivano per successiva sedimentazione dei prodotti eruttivi e non, come altri credevano, per sollevamento. Ma soprattutto ebbe sempre chiaro un obbiettivo fondamentale: lo studio dei fenomeni naturali estremi alla base della salvaguardia delle popolazioni a rischio. Questo lo rese precursore dei concetti più moderni di protezione civile”.
Testo redatto su fonte CNR del 26 marzo 2014
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RISCHIO SISMICO
La prima “normativa” finalizzata alla riduzione del rischio sismico fu emanata dai Borbone di Napoli dopo il devastante terremoto che colpì la Calabria nel 1783
18.02.2014
Testo dell’articolo
Il Re di Napoli, Ferdinando IV di Borbone, decise di intervenire celermente nominando Vicario Generale delle Calabrie il Conte Francesco Pignatelli, con l’incarico di organizzare i primi soccorsi e seguire la lunga fase della ricostruzione. Numerosi gli scienziati, i letterati, gli architetti e gli ingegneri, sia italiani che stranieri, che furono inviati sul posto per studiare i fenomeni e i loro effetti. Il governo borbonico inviò una spedizione della Reale Accademia delle Scienze e Belle Lettere di Napoli, composta da scienziati incaricati di eseguire indagini e osservazioni scientifiche.
Le numerose e violente scosse causarono imponenti effetti sull’ambiente naturale in tutta la vastissima regione colpita. Gli effetti più impressionanti riguardarono i terreni: ci furono enormi frane, crolli, scivolamenti e distacchi di vaste porzioni di terra e fenomeni di liquefazione. Il bilancio di danni e vittime per i terremoti e il maremoto fu terribile: secondo le stime ufficiali del Vicario generale del Re di Napoli, le vittime complessive furono quasi 30.000 in Calabria (1.300 solo a Scilla per lo tsunami), cui si aggiunsero le vittime in Sicilia (almeno 700 nella sola Messina).
I centri totalmente rasi al suolo furono 182. Le dimensioni della catastrofe spinsero il governo borbonico a prendere coscienza della necessità di una estesa e radicale riforma del sistema economico e abitativo della Calabria. La ricostruzione di intere città e paesi – come Reggio Calabria, Messina, Mileto, Palmi – fu pensata secondo regole e piani urbanistici totalmente nuovi, che a ragione possono essere visti come uno dei primi tentativi europei di introduzione di una normativa antisismica finalizzata alla riduzione del rischio sismico
Le Istruzioni Reali, cioè le norme emanate dal governo borbonico il 20 marzo 1784, suggerirono la forma delle città, la regolarità della dislocazione degli edifici, la larghezza delle strade e diedero regole precise per la struttura degli edifici. Per quel che riguarda l’assetto urbanistico ci doveva essere una strada maestra diritta larga 8 m per le città minori, da 10 a 13 per quelle più importanti; le strade secondarie, larghe da 6 a 8 m, diritte e ortogonali tra loro; una piazza maggiore per il mercato grande, proporzionata alla popolazione, e piazze minori con le chiese parrocchiali o altri edifici pubblici. Il cosiddetto “sistema delle case baraccate”, poi, prevedeva la costruzione di case non oltre i due piani di altezza, la demolizione dei piani in più, la rimozione di balconi e altri elementi sporgenti, l’incatenamento delle travi e dei solai alle mura e l’eliminazione dei tetti spingenti.
Dopo il terremoto del 1908, Mario Baratta scriverà “Ottima prova hanno dato anche in questa occasione le case baraccate: quelle con il semplice [piano, ndr] terreno o sono rimaste illese, oppure hanno sofferto ben poco; quelle ad un piano superiore ebbero qualche guasto. […] Infine fra queste costruzioni ricorderò pure che la baracca vescovile innalzata con sistema borbonico dopo il 1783, sebbene un po’ deteriorata dal tempo, è rimasta in buone condizioni […]“. L’edificio vescovile a cui fa riferimento è quello di Mileto che è stato recentemente oggetto di uno studio del CNR e dell’Università della Calabria per testare l’efficacia del sistema costruttivo.
Testo redatto su fonte “SPECIALE I terremoti nella STORIA: I Borbone di Napoli e il grande terremoto delle Calabrie del 1783” di Filippo Bernardini (INGV-BO) e Carlo Meletti (INGV-PI) del 19 febbraio 2014
Image credit: Atlante iconografico allegato alla “Istoria” di M. Sarconi, 1784
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RISCHIO SISMICO
ENEA: se non è possibile prevedere i terremoti è però possibile attuare una politica di prevenzione attraverso il miglioramento sismico delle costruzioni esistenti
03.02.2014
Testo dell’articolo
L’Italia meridionale, con particolare riferimento alle regioni Sicilia, Calabria, Basilicata e Campania, colpita nel passato da violenti eventi sismici, è una zona ad alto rischio sismico. In base alle conoscenze acquisite sulla pericolosità sismica del territorio, sono ben note le aree che presentano minore pericolosità sismica, da utilizzare per la costruzione di futuri insediamenti urbani e industriali, e le aree a maggior rischio che prioritariamente necessitano di interventi necessari a ridurne la vulnerabilità delle costruzioni esistenti.
Pertanto, visto che non è possibile la previsione a breve termine dei terremoti, così come non è possibile escludere che si verifichino, l’unica strada per il nostro Paese è quella di una concreta ed efficace politica di prevenzione, da attuare “in tempo di pace sismica” attraverso il miglioramento sismico delle costruzioni esistenti, considerando tra le priorità anche i tempi di esecuzione. Solo grazie a questi interventi di miglioramento sismico e a severi controlli sulla progettazione e realizzazione delle nuove strutture sarà possibile salvaguardare le vite umane e preservare il tessuto urbanistico, storico, infrastrutturale ed economico-produttivo.
Testo redatto su fonte ENEA del 03 febbraio 2014
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RISCHIO SISMICO
Uno studio dell’INGV propone un metodo per il monitoraggio del rischio derivante dalla sismicità indotta dallo sfruttamento geotermico del sottosuolo
02.09.2013
Testo dell’articolo
In questo campo i fluidi del serbatoio principale raggiungono una temperatura di 235°C e sono intrappolati sotto uno strato impermeabile di roccia tra uno e tre chilometri di profondità. Come riportato da studi precedenti, si è notato che quando iniziò l’estrazione del fluido geotermico per creare elettricità, la cosiddetta sismicità indotta aumentò sensibilmente, crescendo di pari passo con l’intensificarsi dello sfruttamento. Recentemente, nel periodo di Aprile 2007 – Ottobre 2010, sono stati registrati ben sette terremoti, in questa area, di magnitudo uguale e superiore a quattro.
Lo studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dall’Università di Napoli, fornisce uno strumento che permette di valutare gli effetti della sismicità indotta dallo sfruttamento geotermico e di valutare come la pericolosità vari nel tempo in funzione delle attività industriali, quali iniezioni o emungimento di fluidi. La tecnica proposta nello studio si basa sull’analisi in continuo, nel tempo e nello spazio, dei parametri utilizzati per la valutazione della pericolosità sismica. Nello studio si evidenzia infatti come la variazione di uno o più parametri possa portare ad una variazione sia della probabilità di avere eventi potenzialmente più dannosi che della pericolosità sismica, richiedendo quindi agli operatori una ri-calibrazione delle operazioni di campo. La tecnica permetterà di studiare la sismicità indotta, oltre che nel caso dello sfruttamento delle aree geotermiche, anche relativamente all’estrazione di idrocarburi e all’immagazzinamento di anidride carbonica.
Testo redatto su fonte INGV del 16 gennaio 2013
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