Ingegneria Geotecnica
FRANE E SMOTTAMENTI
Per il monitoraggio delle frane nelle zone a rischio è stata presentata una tecnica basata su una rete di fibre ottiche: potrà coprire aree estese e allertare in tempo reale
02.10.2014
Testo dell’articolo
Il sistema consiste in un tubo di plastica flessibile in cui combinare diversi tipi di sensori a fibra ottica: monitorandone il movimento, causato dalle forze di deformazione che precedono l’evento franoso, è possibile valutare l’imminenza di una frana. Un impulso di luce laser percorre l’intera rete: eventuali scivolamenti del terreno comprimo le fibre e alterano alcune caratteristiche del segnale, analizzando il quale è possibile risalire al luogo in cui il terreno si sta deformando. Si tratta in sostanza di un “sistema nervoso” in grado di controllare costantemente le profondità del terreno e allertare in caso di rischio frane.
L’utilizzo di un’unica rete permetterebbe di semplificare notevolmente i sistemi “tradizionali” di monitoraggio dei terreni, in quanto ad oggi vengono utilizzati piccoli dispositivi nel terreno che hanno necessità periodica di manutenzione e che devono essere ‘letti’ manualmente da operatori sul posto. Per il Prof. Zeni, creare una rete di fibre ottiche ci permetterà invece di superare molte di queste limitazioni, poiché questi nuovi sensori potranno essere utilizzati per coprire aree molto grandi (anche di molti chilometri quadrati), consentendo di individuare eventuali zone critiche in tempo reale.
La nuova tecnologia per il monitoraggio delle frane, cedimenti di roccia o di masse di suolo che possono avere pesanti effetti distruttivi, è economica, sensibile e soprattutto più resistente rispetto a quella dei sensori elettrici, generalmente utilizzati in questo campo, più facilmente danneggiabili. La tecnica verrà presentata alla Conferenza “Frontiers in Optics 2014”, in occasione del 98th Annual Meeting of The Optical Society (OSA), che si svolgerà dal 19 al 23 ottobre 2014 a Tucson (Arizona, USA).
Testo redatto su fonte Conferenza “Frontiers in Optics 2014”, “Predicting Landslides with Light” (Distributed Fiber Optic Sensing Techniques for Soil Slope Monitoring) del 29 settembre 2014 – www.frontiersinoptics.com
Image credit: U.S. Geological Survey
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FRANE E SMOTTAMENTI
Al XII Congresso IAEG, l’IRPI-CNR presenta i più recenti sviluppi della ricerca e alcuni sistemi avanzati nel campo della mappatura e previsione dei fenomeni franosi
17.09.2014
Testo dell’articolo
Tra le novità, un sistema di monitoraggio per il rilevamento delle colate detritiche, l’Almond-F (ALarm and MONitoring system for Debris-Flow), a cui può essere collegato un ‘semaforo’ per avvisare dell’arrivo di una frana: “Si tratta di un dispositivo dotato di lampeggiante che rileva l’evento mediante specifici algoritmi, che analizzano e interpretano il segnale proveniente da una rete di ‘geofoni’, sensori microsismici in grado di attivarsi con le vibrazioni del suolo”, spiega Massimo Arattano dell’IRPI-CNR. “Il prototipo è stato testato con successo in Alto Adige nel bacino del torrente Gadria, una zona particolarmente soggetta a colate detritiche o ‘debris flow’, tipologia di frana temibile per la sua velocità e forza distruttiva: in occasione dell’imponente colata detritica verificatasi lo scorso 15 luglio, l’attivazione e il successivo spegnimento del lampeggiante sono avvenuti correttamente nel punto in cui sono installati i sensori, testimoniando l’efficacia del sistema e la possibilità di collegarlo ad un impianto semaforico”. Il sistema è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo SEDALP (SEDiment management in ALPine basins: integrating sediment continuum, risk mitigation and hydropower).
Dai sensori sismici all’utilizzo di droni per la gestione dei disastri naturali. “Da anni gli Unmanned Aerial Vehicles (UAV) o droni sono utilizzati nel monitoraggio del territorio. Al convegno presentiamo una procedura che utilizza micro-uav per eseguire indagini di fotogrammetria e analisi di monitoraggio in scenari di frana: le immagini acquisite vengono poi elaborate con algoritmi di computer vision e sviluppate per applicazioni fotografiche”, spiegano Daniele Giordan e Andrea Manconi dell’IRPI-CNR, autori di un recente studio. “Grazie alla particolare forma a V del drone utilizzato nei nostri studi, le eliche non rientrano nel campo visivo della telecamera durante il volo e la nuova configurazione dei motori garantisce una maggiore affidabilità nelle aree urbane. Alcuni esempi di applicazioni dimostrano le potenzialità di questo metodo in scenari di frane reali”.
Un ulteriore contributo per l’osservazione in tempo reale dei fenomeni franosi arriva dal progetto europeo LAMPRE (Landslide Modelling and tools for vulnerability assessment Preparedness and REcovery management): “Nell’ambito della collaborazione pluriennale con il Dipartimento della Protezione Civile è stato messo a punto un sistema prototipale: ogni ora, il “Sistema d’allertamento nazionale per la possibile occorrenza di fenomeni franosi indotti da piogge” (SANF) integra le misure di oltre 2.000 pluviometri e le confronta con le soglie di pioggia delle mappe di suscettibilità da frana, così da monitorare in tempo reale il possibile verificarsi di nuovi fenomeni”, dichiara il direttore di IRPI-CNR Fausto Guzzetti, che conclude: “Riconoscere, mappare e prevenire le frane innescate da precipitazioni intense, da un terremoto o dalla rapida fusione della neve è importante, sia per capire e misurare come si evolve il paesaggio, sia per scopi di protezione civile e per la corretta pianificazione territoriale. I nostri ricercatori hanno messo a punto tecnologie che raggiungono accuratezze inedite per la mappatura di frane a partire da immagini satellitari ottiche ad altissima risoluzione”.
Testo redatto su fonte CNR del 16 settembre 2014
Per approfondimenti: IAEG www.iaeg.info
SEDALP Project www.sedalp.eu – LAMPRE Project www.lampre-project.eu
Image credit: LAMPRE Project
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GEOLOGIA COMPUTAZIONALE
ENI installa un sistema di HPC da 3 Petaflops, il più potente supercomputer in Europa nell’ambito dell’esplorazione e della simulazione dei giacimenti di idrocarburi
04.07.2014
Testo dell’articolo
Con una capacità totale di calcolo di 3 Petaflops (misurati con i benchmark Linpack utilizzati per calcolare le prestazioni dei computer) ed una elevata capacità di memorizzazione pari a 7,5 Petabytes, il nuovo sistema HPC ENI – che si è classificato 11° nella nuova classifica TOP500 che elenca i maggiori calcolatori del mondo – è il più potente supercomputer in Europa destinato alla produzione industriale Oil&Gas e uno dei più grandi in tutto il settore petrolifero. La natura “ibrida” dell’architettura di calcolo garantisce una straordinaria performance in termini di efficienza energetica che con 2.8 GigaFlops/Watt colloca il sistema HPC di ENI al 9° posto della classifica Green500 dei calcolatori più efficienti. L’efficienza complessiva del sistema beneficia inoltre dell’innovativo sistema di raffreddamento dell’ENI Green Data Center (ENI GDC) che lo ospita. Il Green Data Center (GDC) di Ferrera Erbognone (Pavia) è stato realizzato per ospitare i sistemi informatici centrali di elaborazione di ENI, sia di informatica gestionale che le applicazioni Oil&Gas. Nel GDC sono impiegate le più innovative infrastrutture per il risparmio energetico che contribuiscono ad abbattere l’emissione di CO2 di 335.000 tonnellate annue (circa l’1% dell’obiettivo italiano di Kyoto per l’energia) e a ridurre notevolmente i costi operativi.
Il nuovo HPC sarà a supporto del core business dell’azienda, consentendo una più veloce e accurata elaborazione dei dati del sottosuolo. La strategia di ENI è quella di utilizzare la più moderna tecnologia di elaborazione per supportare l’esplorazione e la simulazione dei giacimenti. Utilizzando codici proprietari sviluppati dalla propria ricerca interna e combinati con i più recenti strumenti di programmazione parallela, ENI può ottenere dai dati sismici –cinque volte più rapidamente rispetto a quanto possibile con i supercomputer tradizionali – immagini 3D del sottosuolo in alta risoluzione, nonché dati di altissimo valore utili a ridurre i rischi legati alle attività di esplorazione.
Per quanto riguarda la simulazione dinamica di giacimento il nuovo sistema permette simulazioni sempre più accurate dei giacimenti di idrocarburi che servono a ricreare modelli sempre più dettagliati, oltre che a ridurre il tempo di simulazione. Questi due aspetti possono essere cruciali per l’ottimizzazione dello sviluppo dei giacimenti di idrocarburi e del time to market.
Testo redatto su fonte ENI del 3 luglio 2014
Image credit: ENI
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DISSESTO IDROGEOLOGICO
Il CNR sviluppa “Sm2Rain”, un algoritmo che, mediante l’utilizzo di misurazioni satellitari sulle precipitazioni, permette di stimare il rischio di frane e inondazioni
30.06.2014
Testo dell’articolo
“Abbiamo sviluppato una tecnica innovativa per la stima da sensori satellitari delle precipitazioni, che utilizza misure di contenuto d’acqua del suolo anziché, come nelle metodologie tradizionali, informazioni relative alle nubi: un approccio bottom-up e non top-down, in pratica”, spiega Luca Brocca, ricercatore IRPI-CNR e autore della ricerca. “Misurando da satellite e/o in situ le variazioni della quantità di acqua contenuta al suolo è possibile stimare le precipitazioni cadute sul suolo stesso, che è considerato come una sorta di pluviometro naturale”.
L’algoritmo utilizza, come dati, le quantità dell’acqua assorbita dal terreno, di quella evaporata e di quella che resta in superficie: “In termini tecnici, Sm2Rain fa riferimento all’inversione dell’equazione di bilancio idrologico del suolo calcolando la ripartizione delle precipitazioni in infiltrazione, evapotraspirazione e deflusso. Assumendo che l’evapotraspirazione e il deflusso durante un evento di pioggia sono trascurabili, si ottiene una relazione esplicita che fornisce la stima delle precipitazioni in funzione del solo contenuto del suolo”, conclude Brocca. “L’approccio è stato applicato a scala globale in molte aree del pianeta tra cui Mediterraneo, Australia, India, Cina, Sud Africa e parte centrale degli Stati Uniti d’America, e ha fornito risultati anche più accurati rispetto alle tecniche tradizionali che hanno importanti ricadute per la previsione degli eventi idrologici estremi quali piene fluviali e frane, poiché rende possibile la stima delle precipitazioni e la gestione del rischio anche in assenza di pluviometri e sistemi di misura a terra”.
La ricerca sui satelliti meteorologici per misurare le precipitazioni in maniera precisa ed efficace è sempre più considerata: il 27 febbraio scorso è stato lanciato il nuovo satellite della missione congiunta NASA-JAXA GPM (Global Precipitation Measurement), che rappresenta un ulteriore importante sviluppo per la stima delle precipitazioni da remoto.
Testo redatto su fonte CNR del 30 giugno 2014
Per approfondimenti: Soil as a natural rain gauge: Estimating global rainfall from satellite soil moisture data – Journal of Geophysical Research: Atmospheres | 16.05.2014
Missione GPM: pmm.nasa.gov/gpm
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INGEGNERIA GEOLOGICA
CNG: nella progettazione e nella realizzazione delle grandi opere di ingegneria è determinante individuare le principali criticità e le pericolosità geologiche
15.12.2013
Testo dell’articolo
Tra gli aspetti di maggiore criticità, escludendo quelli di carattere geotecnico il cui approfondimento spesso è demandato alla fase definitiva della progettazione, vanno sottolineate le pericolosità geologiche s.l. in quanto responsabili, molto spesso, di una drastica riduzione dei tempi di vita delle opere stesse e di aumento significativo dei costi di manutenzione.
Frane, terremoti, esondazioni di corsi d’acqua, eruzioni vulcaniche sono le principali fenomenologie per le quali un attento studio specialistico può produrre affidabili livelli di conoscenza e significative economie di risorse, sia economiche che territoriali. L’attenzione al tema delle pericolosità naturali e dei rischi ad esse connessi, in ottica preventiva, è stata oggetto di numerosi atti normativi che, sulla scorta dell’onda emotiva di qualche catastrofe naturale occorsa in Italia, hanno generato nuove norme in materia di costruzioni.
Testo redatto su fonte Consiglio Nazionale dei Geologi, Bollettino settembre-ottobre 2013
Image credit: Geological Society, London, Special Publications (2007), DOI: 10.1144/SP292.1
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FRANE E SMOTTAMENTI
Ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca hanno sviluppato il 3D HY-STONE, un software progettato per valutare il rischio frane delle pareti rocciose
02.12.2013
Testo dell’articolo
Ma è davvero possibile prevedere il rischio frane? Lo abbiamo chiesto a Paolo Frattini, ricercatore di Geologia applicata e coordinatore dello studio.
Come funziona la tecnica del laser scanner?
Quando facciamo questi rilievi utilizziamo due strumenti: il laser scanner e il GPS, strumenti che lavorano sempre insieme per permettere a noi di avere un sistema georeferenziato. Per ogni parete rocciosa, facciamo scansioni in una decina di posizioni differenti. Il laser invia migliaia di impulsi che rimbalzano sulla superficie e tornano indietro. A seconda del tempo che impiegano per tornare da dove son partiti, noi calcoliamo la distanza. L’immagine che il laser scanner ci restituisce è una nuvola di punti. Dall’analisi di questa nuvola possiamo individuare i blocchi potenzialmente instabili e costruire un modello di grandissimo dettaglio della topografia.
Il passaggio successivo qual è?
Mettere insieme tutte le scansioni e ricostruire un modello 3D, grazie a un simulatore 3D HY-STONE, progettato dal nostro Dipartimento sulla base di un precedente programma (STONE) realizzato sempre da noi, ma in collaborazione con il CNR-IRPI.
E a cosa serve un modello 3D?
Partendo da quello che l’analisi dei punti ci restituisce, cioè dall’individuazione dei massi potenzialmente instabili, passiamo alla simulazione. Grazie alla simulazione 3D con il modello HY-STONE possiamo prevedere con accuratezza dove andrebbero a finire i massi – e con quale forza cadrebbero – se si staccassero dalla parete. Questo modello, unico in Italia – al mondo ne esistono solo tre – ci permette di studiare quali opere realizzare per arginare la caduta massi e dove posizionarle. E ovviamente, permetterebbe di evitare molte catastrofi. (Image credit: UNIMIB)
Testo redatto su fonte Università di Milano-Bicocca del 2 dicembre 2013
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