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          ·       Meccanica Computazionale

     ·       Modellazione Strutturale e Controllo dei Risultati

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·       INTRODUZIONE ALLA MODELLAZIONE STRUTTURALE

·       Marco Bozza

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   ·       MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI

      ·       MODELLAZIONE STRUTTURALE

          ·       AFFIDABILITÁ DEI CODICI DI CALCOLO

              ·       CONTROLLI SUI MODELLI AD ELEMENTI FINITI

                    ·       Convergenza e Patch Test

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MODELLAZIONE STRUTTURALE

 

L'avvento nell'Ingegneria dell'ANALISI COMPUTAZIONALE DELLE STRUTTURE per elementi finiti (calcolo matriciale), tramite computer, ha notevolmente influenzato la progettazione strutturale, non solo in termini di velocità di calcolo, ma anche di approccio procedurale. Il punto centrale di questa fase importante della progettazione è costituito dalla MODELLAZIONE STRUTTURALE, intendendo, con tale terminologia, il processo mediante il quale una struttura e le azioni su essa agenti sono ridotte ad uno schema più o meno semplificato. Il ricorso ad uno schema di calcolo semplificato si rende necessario poiché le strutture sono in generale sistemi fisici notevolmente complessi, i cui comportamenti sono influenzati da un grande numero di variabili.

Qui con il termine di struttura si fa riferimento ad una costruzione artificiale del tutto generale (telaio, aeromobile, tunnel, componente meccanico ecc.), sollecitata da carichi generici (statici, ciclici, termici, moto ondoso, impatto ecc.). Scopo della modellazione è quello di simulare in modo realistico il comportamento della struttura definito in termini di parametri di sollecitazione (sforzo normale, taglio, momento flettente), di deformazione (spostamenti, rotazioni) e di tensione (normale, tangenziale). Va, tuttavia, precisato che la modellazione non deve necessariamente aderire il più possibile alla realtà fisica da simulare, in quanto un maggiore dettaglio nella sua definizione potrebbe non dare un altrettanto significativo contributo nella precisione dei risultati che ci si attende. Il processo di modellazione dev'essere invece una procedura di sintesi che consiste nell'individuare quali variabili influiscono in modo rilevante sul comportamento della struttura, da quelle che lo sono meno. Ciò è essenziale per poter cogliere gli aspetti più importanti del sistema fisico da analizzare, trascurando, invece, quelli che non danno contributi significativi a questo scopo.

 

 

MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI

 

Modello di calcolo

Tale procedura coinvolge la struttura vera e propria, i carichi agenti su di essa ed eventuali sub-sistemi di interazione (ad esempio il terreno per strutture di fondazione o il flusso d'aria per un aeromobile).

Essa si sviluppa attraverso tre livelli di affinamento:

- valutazione delle azioni rilevanti e dello schema generale della struttura con i relativi vincoli;

- creazione del modello numerico (discretizzazione in elementi finiti);

- definizione dei legami sforzi-deformazioni dei materiali impiegati.

L'insieme di queste approssimazioni e ipotesi, che vengono assunte alla base del processo di modellazione, costituiscono nel complesso il MODELLO DI CALCOLO della struttura. Operate queste scelte, la disponibilità del modello di calcolo consente di analizzare la struttura come un'unica entità, anche in presenza di complesse geometrie strutturali 3D e condizioni di carichi, sia statici (pesi propri ecc.), che dinamici (vento, sisma, flussi d'aria o acqua ecc.). Il modello di calcolo viene eseguito utilizzando un codice di calcolo agli elementi finiti (modello FEM).

 

Metodo degli Elementi Finiti

Il Metodo degli Elementi Finiti è per sua natura un metodo di soluzione approssimato: le fonti principali di approssimazione derivano:

- dalle tecniche utilizzate per ridurre a forma algebrica il problema differenziale assegnato;

- dall'elaborazione automatica, mediante un'algebra a precisione finita delle equazioni risolventi.

Un corretto impiego del metodo implica pertanto in primo luogo la conoscenza delle ipotesi e delle formulazioni che ne sono alla base, delle sue proprietà di convergenza, dei criteri e degli accorgimenti per passare da un prototipo assegnato ad un suo modello matematico effettivamente rappresentativo. Secondariamente occorre conoscere le caratteristiche dei problemi algebrici di cui si cerca la soluzione, individuando quali impostazioni, tra altre, portano a risultati con accuratezza maggiore, quali sono i fattori che possono generare decrementi di accuratezza, quali i criteri per misurarne il livello. I risultati ottenuti con l'automatismo di un codice, vanno infine verificati, interpretati, a volte ulteriormente affinati e presentati in forma efficace e sufficientemente documentata da consentire elaborazioni parallele di riscontro.

I criteri che consentono di esprimere un giudizio sulla correttezza dei risultati dell'analisi, ottenuti in seguito all'elaborazione mediante l'impiego dei programmi di calcolo, consistono essenzialmente:

- nella stima dell'affidabilità dei codici di calcolo;

- nei controlli sui modelli ad elementi finiti.

 

 

AFFIDABILITÁ DEI CODICI DI CALCOLO

 

La possibilità di errori nei risultati per malfunzionamento del computer non è affatto remota, poiché il sistema operativo, generalmente, avverte e segnala l'avaria dell'elaboratore, e interrompe l'esecuzione del processo in atto. D'altra parte i programmi di base (sistema operativo e compilatore) sono di fatto sottoposti ad un collaudo continuo ed esteso, poiché hanno diffusione ed impiego vasti quanto quelli della macchina, e sono solitamente seguiti da uno specifico servizio all'interno dell'ambiente di produzione, che ne cura lo sviluppo, il controllo e l'aggiornamento. Quindi gli errori ad essi attribuibili hanno frequenza ragionevolmente bassa. Pertanto l'insuccesso di una elaborazione resta imputabile quasi solamente ai procedimenti nei codici di calcolo impiegati oltre che, ovviamente, alla responsabilità dell'operatore.

Nella pratica, l'affidabilità di un codice è qualità non meno importante dell'innovatività delle procedure in esso contenute. Contribuiscono alla formazione di un giudizio sull'affidabilità vari elementi, per molti versi simili a quelli che vengono considerati nella certificazione di qualità di un prodotto industriale. Elementi primari sono i risultati delle operazioni di verifica e controllo svolte all'interno dell'ambiente di produzione o di quello di utilizzazione, volte ad accertare la rispondenza delle prestazioni del prodotto alle caratteristiche funzionali ad esso attribuite. Tuttavia il problema di una "certificazione" della qualità, svolta da laboratori di prova sulla base di esami del processo produttivo o di documenti di prova esibiti dal produttore, o di prove svolte direttamente, non sembra ancora risolto per i codici di calcolo, a differenza di quanto accade in altri settori di produzione in campo industriale. Pertanto l'accertamento diretto della qualità di un codice va in pratica necessariamente a gravare sull'utente, in quanto responsabile primo, e unico, delle scelte conseguenti ai risultati da lui utilizzati. E' l'utente che, in ultima analisi, deve svolgere, o far eseguire per proprio conto, tutto quell'insieme di controlli, essenzialmente di natura diretta, che contribuisce a dare sicurezza nei riguardi delle prestazioni di un codice.

 

Controlli diretti

Un modo certo per controllare la qualità di un codice è verificare la consistenza delle procedure, nella versione eseguibile e nel previsto ambiente di elaborazione attraverso i risultati che si ottengono. Questo implica pregiudizialmente che ogni attività di verifica o di qualificazione di un codice ad uso professionale possiede significato pratico solo se la diffusione è controllata e avviene nella versione eseguibile, protetta contro manomissioni. Il giudizio che ne segue ha rilevanza solo per una determinata versione compilata del codice.

Il controllo diretto ha lo scopo essenziale di accertare, mediante verifica dei risultati, che tutte le funzioni previste vengano svolte completamente e correttamente. Le specifiche funzionali, ossia l'esposizione delle funzioni che il codice è in grado di eseguire, sono il punto di partenza per la progettazione dei controlli da effettuare. Le specifiche devono essere formulate con chiarezza, cosa che contribuisce a caratterizzare la serietà dell'ambiente di produzione. Assieme ad esse è necessario esaminare la teoria su cui le procedure sono impostate e controllarne la correttezza dell'applicazione, e verificare l'esattezza della soluzione dei problemi svolti ed esposti a corredo del codice. Questa parte preliminare guida la preparazione e lo svolgimento di tutto l'insieme degli autonomi processi di prova che sperimentano le operazioni dichiarate come eseguibili, a partire dalla lettura dei dati. Questi processi hanno varia natura ed estensione. Un processo può essere rivolto ad esaminare le prestazioni del codice su aspetti particolari ("benchmark"), determinando e verificando quantitativamente e qualitativamente specifiche grandezze di natura locale o globale (componenti di spostamento e di sollecitazione, temperatura, frequenze e modi propri di vibrazione, ecc.) note per altra via (analitica, numerica o anche sperimentale), oppure può essere mirato a verificare la robustezza del codice, ossia le sue prestazioni in riferimento a particolari aspetti critici, come tempi di calcolo, o come l'efficienza autodiagnostica contenuta o l'accuratezza nell'esecuzione dei calcoli, ecc forzando l'attivazione di specifici segnali di errore o di avvertimento in corso di esecuzione. Diversamente un processo può essere studiato per verificare intere procedure complesse ("reference validation analysis"), come la risoluzione di problemi non lineari per confronto dei risultati con soluzioni intermedie e finali di validità indipendentemente riconosciuta.

 

Affidabilità dei risultati

L'affidabilità dei risultati dell'analisi eseguita con un codice è il problema più ampio e complesso, poiché intervengono in modo essenziale anche le scelte di impostazione compiute dall'operatore. In attinenza a questo più generale aspetto, la tendenza attuale in tema di affidabilità, e di problemi ad essa collegati, è favorire il raggiungimento e il mantenimento di un adeguato livello qualitativo sia dei codici di calcolo, sia dell'impiego che di essi viene fatto, attraverso un insieme diversificato di azioni a sostegno e guida della produzione e delle applicazioni. Istituzioni professionali o Enti privati di molti Paesi, con partecipazione anche governativa, operano attivamente in questo senso nel settore dei codici di analisi strutturale con metodi ad elementi finiti. In Europa, un esempio rilevante è il servizio svolto dalla NAFEMS (The International Association for the Engineering Analysis Community). Una parte delle iniziative di questo Ente è di contribuire alla preparazione degli utenti, professionisti o addetti in genere, e metterli in grado di eseguire in modo accorto e qualitativamente corretto operazioni sia di analisi di problemi di ingegneria strutturale, sia di controllo di qualità dei codici di calcolo, elaborando e rendendo disponibili compendi di raccomandazioni e proposte di strategie di verifica e di autoistruzione.

Iniziativa più recente, ma non secondaria, è contribuire alla definizione di criteri di valutazione dell'attività delle organizzazioni produttrici dei codici di analisi strutturale, proponendo e tenendo aggiornate istruzioni e raccomandazioni sulla produzione, la diffusione e il controllo dei codici, allo scopo di giungere ad assicurare, per quanto possibile, la qualità del prodotto e dei risultati con esso conseguibili, e quindi accreditarne l'affidabilità.

 

 

CONTROLLI SUI MODELLI AD ELEMENTI FINITI

 

La procedura più immediata per verificare le prestazioni di un elemento finito in un codice da parte dell'utente è di scegliere uno o più problemi, dei quali è nota la soluzione analitica, e risolverli impiegando il modello con più discretizzazioni a raffittimento crescente, verificando quindi che i risultati ottenuti in più punti significativi della struttura approssimino quelli di riferimento. Questo tipo di verifica, però, non è adatto a controllare la correttezza del modello, infatti:

-           la particolarità e la semplicità del caso di riferimento può ragionevolmente suggerire discretizzazioni regolari, che mettono in luce le buone qualità del modello, ad esempio superconvergenza, lasciando in ombra quelle non buone, come il deterioramento della convergenza o della accuratezza nel caso di geometria distorta dell'elemento, o l'anomala deficienza di rango della matrice di rigidezza elastica per particolari situazioni di geometria o di vincolo, ecc;

-           la complessità del caso in esame può occultare effettive carenze del modello;

-           non è chiaro quando l'esito debba essere giudicato soddisfacente;

-           se l'esito non appare positivo può non essere possibile individuare il motivo.

Un controllo di questo tipo può essere quindi utile al più per giungere ad una stima dell'accuratezza. Fermo restando che lo scopo di una prova su un modello di elemento finito è verificarne la correttezza e lo sviluppo all'interno di un codice, la prova deve:

-           avere carattere generale;

-           essere facile da eseguire;

-           essere facile da interpretare;

-           essere in grado di individuare con chiarezza le cause di un comportamento anomalo, rivelarlo e riprodurlo.

A queste condizioni soddisfa il PATCH TEST sugli elementi finiti.

 

 

Convergenza e Patch Test

 

Gli elementi finiti sono modelli polinomiali algebrici impiegati per la rappresentazione "a tratti" delle funzioni incognite (spostamenti, sollecitazioni, ecc…) nella risoluzione approssimata di problemi retti da (sistemi di) equazioni differenziali. A questo scopo il dominio di definizione della funzione, ossia il dominio occupato dalla struttura, è suddiviso in sottodomini, o elementi finiti, e i coefficienti della rappresentazione  vengono determinati con specifici procedimenti variazionali.

Le prestazioni di un modello di un elemento finito dipendono dal grado (dal numero dei coefficienti incogniti, o gradi di libertà) del polinomio e dal soddisfacimento di specifiche condizioni che assicurano la convergenza alla soluzione del problema della successione delle soluzioni approssimanti, ottenute aumentando il numero e abbassando (uniformemente) la dimensione degli elementi nella rappresentazione. La nozione di convergenza di un modello è stabilita in maniera appropriata al contesto matematico in cui viene posto il problema da risolvere (si noti che le soluzioni approssimanti sono funzioni definite sulla regione di spazio occupata dalla struttura, e quindi occorre assumere una definizione di convergenza per successioni di funzioni). In pratica, ha importanza che i valori assunti dalle grandezze incognite (le funzioni approssimanti e all'occorrenza le loro derivate) tendano al valore assunto dalla soluzione del problema, in maniera da assicurare una stima soddisfacente al crescere del numero degli elementi.

Nel caso di problemi lineari elastici e di elementi finiti negli spostamenti, le condizioni sufficienti a questo scopo sono:

 

1)         la continuità degli spostamenti (e delle rotazioni nelle travi e nelle lastre piane e curve), in ogni elemento e

2)         al confine tra un elemento e quelli adiacenti (interelemento),

3)         la possibilità di rappresentare un qualunque stato costante di deformazione,

4)         la presenza di stato di deformazione nullo in concomitanza di un qualunque insieme di spostamenti di    moto rigido,

 

5)         l'assenza di cinematismi, ossia di modi deformativi a energia nulla.

 

Per il corretto comportamento del modello è inoltre necessario che:

 

6)         la matrice di rigidezza dell'elemento sia indipendente da permutazioni d'assi del sistema di riferimento locale nel quale essa è costruita, a meno che la dipendenza (anisotropia spaziale) non sia conseguente a precise scelte in vista della risoluzione di particolari problemi strutturali.

 

I requisiti 1) e 2) caratterizzano gli elementi finiti negli spostamenti di tipo congruente, o compatibile. D'altra parte, la condizione 2) può non essere rispettata, dando luogo a modelli non compatibili per impostazione o per sviluppo, che pure danno risultati soddisfacenti. Questo suggerisce di sostituire alle condizioni 2) e 3) la condizione che:

 

3 bis)   un insieme qualunque di elementi, indipendentemente dalla forma e dall'estensione, possa rappresentare uno stato di deformazione costante,

 

la quale estende la condizione 3) dal singolo elemento (per il quale è sempre soddisfatta) a un insieme di elementi. Essa è senz'altro rispettata da un modello compatibile, per la continuità degli spostamenti all'interelemento.

Alla luce di questo, il controllo su un modello di elemento finito è svolto con una serie di prove, detta Patch Test, su un insieme di pochi elementi. Almeno un nodo deve essere interno, ossia tutto circondato da elementi. Le dimensioni dell'insieme devono essere infinitesime in linea di principio. Tuttavia, se il problema è retto da equazioni differenziali a coefficienti costanti, e se essendo la rappresentazione dell'elemento in coordinate curvilinee questa ha Jacobiano costante, le dimensioni sono inessenziali.

Come operazione preliminare viene costruita l'espressione del più generale campo di spostamenti, cui corrisponde lo stato di deformazione costante nel tipo strutturale cui il modello si riferisce. Per ogni componente dello spostamento questa espressione è un polinomio algebrico nelle coordinate del punto, completo e di grado uguale all'ordine dell'operatore differenziale presente nelle equazioni di congruenza indefinite. Ad esempio, nel caso di una lastra piana in stato piano di tensione, riferita al sistema cartesiano ortogonale (O, x, y) nel piano medio, le dilatazioni ex, ey e lo scorrimento gxy sono legati alle componenti u(x,y), v(x,y) dello spostamento dalle relazioni:

 

(1)

                     

 

nel piano medio, e quindi vengono assunte per u e v le espressioni:

 

(2)

           

 

con a1,…, a6 coefficienti incogniti. Si fissa quindi una determinazione del campo di spostamenti dando valori numerici ai coefficienti della espressione formale corrispondente (nell'esempio u e v). Si definisce un insieme di elementi e si inseriscono le coordinate dei nodi nella determinazione del campo di spostamenti adottata, ricavando quindi il valore dello spostamento in questi ultimi.

 

· TEST A

Questi valori e i dati geometrici del materiale per l'insieme degli spostamenti degli elementi vengono assunti come dati di ingresso per un giro del programma. Il Test è superato se in uscita il valore della deformazione è costante su tutto l'insieme ed è uguale a quello dato dall'espressione dello spostamento, e se il suo nodo interno risulta scarico.

· TEST B

Si esegue un giro del programma assumendo come dati di ingresso gli spostamenti nei nodi esterni, calcolati in partenza, e le caratteristiche degli elementi. Il Test è superato se in uscita il valore della deformazione è costante su tutto l'insieme ed è uguale a quello dato dallo spostamento, come per il Test A, e se il valore dello spostamento nei nodi interni è uguale a quello calcolato in partenza.

· TEST C

L'insieme di elementi viene vincolato quanto basta a impedire moti rigidi e nei nodi vengono applicate le forze ricavate in uno dei tests precedenti. Si esegue quindi un giro di programma con i dati di questa situazione. La prova è superata se gli spostamenti nei nodi liberi sono uguali a quelli preliminarmente ottenuti. La stessa prova viene condotta su un solo elemento, eseguendo almeno la fattorizzazione triangolare della matrice dei coefficienti del sistema risolvente, e si controlla che non si manifestino in essa deficienze di rango.

 

Il Test A e il Test B si equivalgono per verificare se le condizioni 3 bis) e 4) sono rispettate. Tuttavia il Test A non richiede la costruzione della matrice di rigidezza dell'insieme e la determinazione di componenti di spostamento incognite, come invece accade nel Test B. Quest'ultimo, pertanto, dà più ampia informazione.

Il Test C permette di controllare il comportamento del modello in presenza di forze applicate sul contorno, e di verificare l'esistenza di improprie singolarità nella matrice di rigidezza assemblata, dovute a errori di codifica o ad anomalie nel modello. A questo proposito è maggiormente selettivo il Test C su un solo elemento, che rivela la eventuale presenza di modi deformativi a energia nulla col permanere di singolarità nella matrice di rigidezza dopo l'impostazione delle condizioni di vincolo, modi che l'assemblaggio a più elementi può bloccare. Il Test C su un solo elemento è meglio adatto per verificare se la condizione 5) è rispettata. Inoltre il Test C può rivelare la tendenza del modello a fenomeni di "locking".

 

Importanza del Patch-Test

Il Patch Test deve essere superato indipendentemente dalla forma degli elementi. Pertanto le prove vanno ripetute per un insieme di geometrie ampio quanto basta ad escludere autocorrezioni per presenza di simmetrie sul singolo elemento, o di insieme. Nelle applicazioni a casi di materiale anisotropo è opportuno che i tests vengano condotti introducendo gli effettivi moduli elastici. Infatti alcuni modelli superano il Patch Test solo se il modulo di Poisson è nullo.

Nella forma esposta, il Patch Test è impiegato per verificare semplicemente la convergenza del modello. Infatti, se l'esito è favorevole, le approssimazioni del campo di spostamenti ottenuti con discretizzazioni a raffittimento uniforme crescente si discostano dalla soluzione del problema per un errore tendente a zero almeno con il quadrato della dimensione caratteristica dell'elemento. E' tuttavia anche possibile stimare l'effettivo ordine di convergenza asintotica assumendo campi di spostamento polinomiali algebrici completi di grado superiore a quello corrispondente allo stato di deformazione costante. Ciò equivale a considerare campi corrispondenti alla presenza di forze distribuite sull'elemento. Il massimo grado per il quale la prova è superata dà l'indicazione dell'ordine della convergenza.

In queste prove il controllo delle deformazioni può essere ovviamente sostituito da quello sulle tensioni, più solitamente date in uscita.

 

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