· · Progetto e Sperimentazione di
Strutture · Progetto di Ponti e Viadotti · · INSTABILITÁ DELLE PILE ALTE · Marco Bozza · · INTRODUZIONE · SCHEMI STATICI DELL’IMPALCATO · EFFETTI DEL SECONDO ORDINE · EVOLUZIONE DEGLI SCHEMI STATICI
· METODI DI VERIFICA
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· INTRODUZIONE
Nell'iter progettuale di ponti e viadotti, la necessità di contenimento del peso proprio, di riduzione di costi relativi al trasporto dei materiali ed all'acquisizione delle attrezzature costruttive, nonché esigenze di impatto ambientale, orientano i progettisti verso soluzioni strutturali avanzate, con sfruttamento limite dei materiali e delle forme. Inoltre, l'esigenza di svincolare la costruzione degli impalcati dall'impiego di onerosi sostegni a terra ha portato al diffondersi della prefabbricazione e, per le grandi luci, alla messa a punto di varie tecniche, tutte finalizzate ad evitare le centine. La stessa esigenza ha stimolato importanti innovazioni anche nella costruzione delle pile: le casseformi scorrevoli e quelle a ripresa autoportanti. Le moderne tecniche di costruzione di ponti e viadotti
consentono attualmente la realizzazione di opere molto snelle per
l'attraversamento di valli e fiumi, con luci di campate elevate e pile molto
alte. Queste ultime possono facilmente raggiungere altezze di 60¸120
m, per arrivare fino anche a SCHEMI
STATICI DELL’IMPALCATO
Per queste strutture si presenta allora il problema
impegnativo di valutare lo stato tensionale e deformativo delle pile alte,
sia per il corretto esercizio delle stesse, sia per una valutazione
affidabile delle loro capacità resistenti ultime. Nello stato limite ultimo,
in particolare, è necessario considerare tutti gli schemi resistenti che
possono essere mobilitati quando gli spostamenti della pila superano
ampiamente quelli massimi di esercizio. A tale scopo è di fondamentale
importanza lo schema statico dell'impalcato sulle pile. L'impalcato dei
viadotti può assumere due tipologie classiche di schemi statici: - impalcato
con travi in semplice appoggio - impalcato
a travata continua Impalcato
con travi in semplice appoggio
Questo schema è rappresentato da una successione di
travi appoggiate, vincolate longitudinalmente con cerniere alternate a
carrelli. Trasversalmente è sempre presente un appoggio fisso, che però non
vincola i moti relativi di una pila rispetto all'altra. Le problematiche
connesse a questo tipo di schema statico mostrano che: - per ogni pila la condizione di vincolo in direzione
longitudinale è simile alla condizione di vincolo trasversale; - i carichi permanenti agiscono ad eccentricità non
nulla; - il carico del traffico su una sola campata aumenta
l'eccentricità: - in generale la pila risulta soggetta a stati di
sollecitazioni biassiali. Impalcato
a travata continua
Questo schema è rappresentato da una travata unica con
appoggi fissi su una spalla e vincoli mobili longitudinalmente sulla testa
delle pile. In questo schema, nella direzione ortogonale a quella di marcia
gli spostamenti della pila sono limitati dal ritegno elastico afferto
dall'impalcato. Tale ritegno agisce sia come vincolo elastico estensionale a
causa della rigidezza flessionale afferta dall'impalcato in tale direzione,
sia come vincolo elastico rotazionale a causa della rigidezza torsionale
dell'impalcato, sempre che non si abbiano appoggi singoli che rimandano gli
effetti torcenti alle testate. Sebbene questi effetti irrigidenti offerti ad
una pila dipendano non solo dalle caratteristiche geometriche e meccaniche
dell'impalcato, ma anche da quelle delle altre pile, nondimeno normalmente
gli effetti del secondo ordine sono in questo caso meno marcati che nel caso
di travi su due appoggi. Per gli impalcati continui si osserva che: - per ogni pila la condizione di vincolo in direzione
longitudinale è diversa dalla condizione di vincolo trasversale sulla pila.
In particolare, l'impalcato continuo esercita sempre un'azione di ritegno
trasversale sulla pila; - sia i carichi permanenti, sia il carico del traffico,
qualsiasi esso sia, non alterano l'eccentricità nella direzione longitudinale
dell'impalcato, che è funzione della posizione istantanea dell'appoggio
mobile; - negli schemi mono-appoggio sulle pile centrali, e
torsione rimandata alle testate, è presente la sola eccentricità nella
direzione di marcia. EFFETTI
DEL SECONDO ORDINE
Normalmente, l'analisi delle strutture a sviluppo verticale
viene condotta facendo riferimento alla loro configurazione indeformata, con
il carico agente lungo l'asse verticale indeformato della struttura.
Tuttavia, nel caso delle pile, lo sbandamento prodotto dalle azioni applicate
dà luogo ad un'eccentricità del carico assiale, che induce un incremento del
momento flettente presente sull'elemento strutturale. Questo momento
flettente addizionale è detto momento del II ordine e, nel caso
di colonne sufficientemente snelle, ha un'influenza non trascurabile sia
sulla deformabilità in esercizio, sia sulla capacità resistente ultima della
struttura. Per tenere conto di questo fenomeno (effetti del II ordine)
si deve allora calcolare lo stato di sollecitazione, nota che sia la
configurazione deformata, che a sua volta dipende dallo stato di
sollecitazione della struttura. Questo tipo di approccio implica una risposta
non lineare della struttura, indipendentemente dalle caratteristiche dei
materiali costituenti la pila. Ciò è causato dal fatto che la relazione tra i
parametri di sollecitazione interni e il carico applicato non è lineare. Va
osservato che gli effetti del secondo ordine (non linearità geometrica) sono
significativi se producono frecce dell'ordine di qualche unità percentuale
rispetto all'altezza della pila. Per questo motivo l'Eurocodice 2 propone di
non considerare la non linearità geometrica solo se produce una riduzione
della capacità resistente della pila inferiore al 10%, ma questo si verifica
solo se le frecce sono significative. Finché la pila presenta una bassa
deformabilità rispetto alla sua capacità resistente, è possibile allora
trascurare gli effetti del secondo ordine. Quando tuttavia ciò non accade le
pile da ponte devono essere considerate snelle e verificate all'instabilità.
Tali verifiche sono rese complesse dal comportamento non lineare dei
materiali costituenti le pile (calcestruzzo e acciaio), per cui nel complesso
esse dovranno tenere in considerazione effetti del secondo ordine (non
linearità per geometria) e leggi costitutive non lineari (non linearità per
materiali). Insieme agli effetti del secondo ordine, il
comportamento reale di una pila da ponte in calcestruzzo armato deve
considerare anche i seguenti fattori: - forma della sezione trasversale; - leggi costitutive dei materiali; - imperfezioni geometriche; - distribuzione delle azioni interne; - imperfezioni di natura meccanica; - effetti della viscosità del cls nel tempo. Insieme a questi fattori, l'analisi strutturale globale
delle pile deve poi prendere in considerazione le seguenti azioni: - carichi assiali derivanti dallo schema statico
complessivo del ponte; - azione assiale variabile per effetto del peso
proprio; - cedimenti e rotazioni delle fondazioni; - azioni termiche; - azioni del vento; - azioni sismiche; - effetti differiti nel tempo; - eccentricità biassiale. EVOLUZIONE
DEGLI SCHEMI STATICI
Per com'è concepito e realizzato il sistema strutturale
impalcato-pile dei viadotti, lo schema statico delle pile può subire un
processo di evoluzione. Per questo motivo la schematizzazione di una pila
alta, inserita nel sistema strutturale di un viadotto, deve poter
interpretare in modo aderente sia le caratteristiche dei vincoli che la
collegano all'impalcato, sia i cinematismi di progetto che questi possono
consentire. Va infatti considerata l'eventualità che in direzione
longitudinale possa verificarsi un'evoluzione dello schema statico: in una
prima fase può sussistere lo schema a mensola (fase di costruzione dell'impalcato)
sino a quando il cinematismo consentito dai vincoli e dai giunti non si
esaurisce. Successivamente, l'impalcato può bloccare lo sbandamento della
sommità delle pile variando ancora lo schema statico (questo nell'ipotesi che
il dispositivo di fine corsa degli appoggi sia in grado di garantire l'azione
di vincolo del sistema variato). Va osservato che nelle pile molto alte lo
stato limite di deformazione è normalmente più oneroso che lo stato limite
ultimo di resistenza e stabilità, in quanto le frecce significative (per
effetti del secondo ordine) non sono generalmente compatibili con le
condizioni normali di esercizio del ponte. Nondimeno, anche la verifica dello
stato limite di deformazione, per essere affidabile, deve essere svolta
adottando, sotto le combinazioni di esercizio dei carichi, le stesse
procedure non lineari proposte per le verifiche agli stati limite ultimi. Per
questa però il comportamento dei dispositivi di vincolo è quello tipico della
situazione di esercizio, mentre, nella verifica allo stato limite ultimo di
resistenza e stabilità, l'adozione di ipotesi semplificative permette
ugualmente di garantire i livelli di sicurezza strutturali richiesti. In ogni
caso i risultati vanno inquadrati e interpretati nel contesto reale,
confrontando gli spostamenti ottenuti con le possibilità cinematiche offerte
dal sistema pila-vincoli-impalcato. In generale il processo di evoluzione dello schema
statico implica l'adozione di vincoli posticipati e considera la non
linearità dei materiali, che rende la distribuzione delle rigidezze funzione
del livello di sollecitazione. Per questo motivo la determinazione delle
reazioni iperstatiche dei vincoli, antecedenti e posticipati, ha carattere
iterativo. Si deve in aggiunta tenere conto anche della dipendenza delle
rigidezze, e quindi dello stato di sollecitazione, dalla configurazione
deformata della struttura (effetti del secondo ordine). Quello che nel
complesso quindi si dovrebbe eseguire è un'analisi non lineare dei telai
snelli che tenga conto delle numerose condizioni di carico da affrontare, e
per la cui definizione manca il supporto delle linee di influenza, con
l'incertezza del comportamento dei vincoli. METODI
DI VERIFICA
I metodi di verifica delle pile alte possono essere
raggruppati in due categorie: - metodi di tipo generale; - metodo della colonna modello, - metodo del carico critico euleriano. Metodi
di tipo generale
I
metodi di tipo generale sono basati su modellazioni numeriche globali delle strutture,
mediante codici agli elementi finiti. Questi programmi consentono di eseguire
vari tipi di verifica: statiche, dinamiche, di buckling (instabilità). I
vantaggi che derivano dall'utilizzo di queste tecniche sono costituiti
principalmente dalla possibilità di eseguire analisi strutturali in regime
non lineare, considerando contemporaneamente le non linearità per geometria e
per materiali, con condizioni al contorno del tutto generali. Metodo
della colonna modello
Tra i metodi approssimati, quello che permette un'agile
e rapida soluzione del problema dell'instabilità è il cosiddetto metodo
della colonna modello. Questo metodo, oltre ad essere ammesso dalla
normativa italiana, si basa sull'utilizzo di tabelle che riducono al minimo
l'onere di calcolo. Questo metodo presuppone che la configurazione
deformata della pila sia assimilabile ad un arco sinusoidale del tipo:
essendo "a" la freccia in sommità della pila nella configurazione deformata, e "l" l'altezza della pila. Ovviamente si considerano distribuzioni di carico tali da dare origine ad una configurazione deformata che sia approssimativamente sinusoidale. In altre parole sono escluse le configurazioni di carico per le quali il momento flettente del primo ordine cambia segno. Derivando due volte la (1) rispetto a z si ottiene, nell'ipotesi di piccoli spostamenti, l'espressione della curvatura c alla generica quota z:
Nella
sezione di base (z = 0):
da cui:
con R0 = R(0). La (4) esprime il legame
lineare tra la curvatura nella sezione di base e la freccia in sommità.
Questa permette di esprimere il momento del secondo ordine MII alla
base della pila come funzione lineare della curvatura nella stessa sezione.
Il momento totale vale allora:
essendo:
Nella (6) M0 e H sono, rispettivamente, il
momento e una forza concentrata orizzontale applicati in sommità, mentre q(z)
è un carico distribuito lungo l'altezza della pila (carico del vento).
Nell'ipotesi che la sezione, la sua armatura e l'azione assiale P siano
costanti lungo l'altezza della pila, la sezione di base è quella più
sollecitata. In questo caso la verifica di resistenza e stabilità della
colonna può essere effettuata confrontando il momento totale M (relazione
(5)) con la capacità resistente della sezione, calcolata per N = P. Questa
operazione può essere svolta graficamente tracciando il diagramma momento-curvatura
della sezione di base per N = P, rappresentante la risposta della sezione ad
un arbitrario momento flettente M (da calcolare considerando la non linearità
dei materiali). Sullo stesso piano si può tracciare una retta (funzione
lineare della curvatura) che rappresenta il momento totale sollecitante. Note
la geometria della pila, le sue caratteristiche meccaniche e l'entità
dell'azione assiale applicata, sono noti sia il diagramma momento
resistente-curvatura della sezione al piede, sia la pendenza della retta
degli effetti del secondo ordine MII. E' quindi possibile
tracciare molteplici rette parallele a quelle del secondo ordine che
intercettano la curva momento resistente-curvatura: ciascuna di queste rette
rappresenta una differente intersezione sull'asse delle ordinate, ovvero un
differente momento flettente del primo ordine. Tra tutte le soluzioni
ottenute è possibile calcolare direttamente il momento massimo sollecitante
di progetto sopportabile della pila sotto l'assegnata azione assiale di progetto
P. Se il momento sollecitante di progetto agente sulla pila è minore o uguale
al valore massimo appena definito, allora la pila in esame è stabile. Il
luogo dei momenti sollecitanti massimi di progetto, al variare dell'azione
assiale, dà luogo ad un diagramma di interazione ridotto, ovvero il
dominio resistente della sezione al piede, una volta calcolati gli effetti
del secondo ordine. Il processo grafico appare tuttavia laborioso: esso
viene normalmente svolto con l'ausilio di adeguati codici di calcolo automatico. Metodo
del carico critico euleriano
Nel metodo delle tensioni ammissibili, con
l'applicazione del metodo del carico critico euleriano la
verifica all'instabilità risulta soddisfatta se lo stato tensionale massimo
al piede della pila, nell'ipotesi che tale sezione sia la più sollecitata con
parametri di sollecitazione N ed M, soddisfa le limitazioni imposte dalla
normativa italiana, quando N ed M vengono amplificati con opportuni
coefficienti di maggiorazione w e C. Tali coefficienti sono funzioni della geometria
della pila e del carico assiale N. In questo metodo per tenere conto degli
effetti della viscosità del calcestruzzo nel tempo si adotta un modulo di
elasticità fittizio, riducendo opportunamente il valore di Ec. Verifica
dell’instabilità locale
Insieme all'instabilità
globale della pila è necessario verificare anche l'instabilità locale delle
pareti. Queste infatti, se sono di spessore molto ridotto, possono subire
l'imbozzamento, facendo perdere improvvisamente la forma della sezione
trasversale.
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