· · Meccanica Computazionale · Metodo degli Elementi Finiti: Teoria
Matematica · · FORMULAZIONE DEL PROBLEMA STRUTTURALE · Andrea Bacchetto · · INTRODUZIONE · FORMULAZIONI DEL PROBLEMA STRUTTURALE · IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI ·
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· · INTRODUZIONE
Dagli studi che generalmente si seguono ai corsi di
ingegneria si è abituati a fare un’analisi a livello dell’elemento
infinitesimo del corpo oggetto di studio. L’applicazione delle relative equazioni
di equilibrio, costitutive e di conservazione permettono di ottenere delle
equazioni differenziali che governano il comportamento del sistema a livello
infinitesimo. Tali relazioni così ricavate presentano spesso una forma
piuttosto complicata e, nella maggior parte dei casi pratici, non sono
risolvibili in forma chiusa (cioè esatta) a causa di articolate condizioni al
contorno ed alla non regolarità del dominio di integrazione. La soluzione di un qualsiasi problema governato da note
equazioni differenziali può essere affrontata in tre differenti modalità,
ognuna delle quali presenta diverse caratteristiche e particolarità. Un problema strutturale può essere riportato in una
delle seguenti forme: la formulazione forte, la formulazione debole
e la formulazione variazionale. Tra queste quelle debole e variazionale sono
direttamente collegate al FEM: le equazioni differenziali vengono trasformate
in equazioni algebriche, mediante operazioni di integrazione o di
derivazione. L’insieme delle equazioni algebriche è sistematicamente
risolvibile mediante la teoria dei sistemi lineari. FORMULAZIONI DEL PROBLEMA STRUTTURALE
Formulazione forte
La formulazione di un problema in base alle sue
equazioni differenziali, unite alle necessarie condizioni al contorno, è la
cosiddetta formulazione forte, di cui è possibile valutare la soluzione
analitica (quindi esatta) solo per un certo numero limitato di casi
particolari: semplici condizioni al contorno
ed un dominio di integrazione regolare. Si consideri ad esempio
l’equazione differenziale che governa il problema della fune inestensibile:
dove v(x) è lo spostamento verticale, H è il tiro della
fune, x è l’ascissa e q è il carico distribuito che agisce sulla fune. Si ponga
l’attenzione sul fatto che se viene definito l’operatore differenziale come
segue:
il
problema rappresentato dalla (1) può quindi essere riscritto nella forma:
Tale
forma di rappresentare il problema in forma forte è tipica della teoria degli
operatori dove nella (3) si può leggere come un’applicazione lineare da uno
spazio vettoriale delle forze ad un altro degli spostamenti:
Formulazione
debole
A causa delle già citate complicazioni legate alla
soluzione analitica delle equazioni differenziali, si cerca di risolvere tali
problemi mediante l’impostazione della formulazione debole. Il problema
impostato secondo la formulazione forte viene trasformato al fine di
diminuire il grado di derivazione delle equazioni. Consideriamo ad esempio lo stesso problema del punto
precedente; si proceda al calcolo del residuo ponderato mediante le funzioni
peso w e quindi integrando su tutto il dominio W:
La
principale caratteristica delle formulazioni deboli è quindi la possibilità
di diminuire il grado di derivazione delle equazioni differenziali
(indebolendole appunto) mediante una procedura matematica che consiste
nell’integrazioni per parti. Dalla (5) si può inoltre evincere come tale
impostazione consideri il residuo dell’equazione differenziale eventualmente
approssimata. In particolare il residuo viene valutato su tutto il dominio
rendendo meno restrittiva la richiesta (valore medio e non puntuale). Formulazione
variazionale
Con
la formulazione variazionale si caratterizza la soluzione mediante un metodo
matematico che permetterà di costruire le equazioni equilibrio come estremanti
di un funzionale, dove per funzionale si intende un’applicazione P
(ad esempio potenziale totale del sistema) del tipo:
essendo X uno spazio vettoriale e  l’insieme dei numeri reali. L’impostazione variazionale nasce dalla considerazione che
ogni fenomeno fisico viene retto da una qualche grandezza (ad esempio il
funzionale) che, per trovare una condizione di equilibrio, deve essere resa
massima o minima. Si pensi ad esempio alla catenaria dove tra le possibili
configurazioni di equilibrio, quella che si verifica in natura è quella che
realizza la minima area A racchiusa alla catena stessa e da un asse di
riferimento (vedi Figura 1). Figura 1 L’equazione
algebrica tipo si costruirà mediante una procedure di derivazione simile alla
seguente:
Il
vantaggio di una formulazione variazionale sta nel fatto che le equazioni che
se ne ricavano contengono già all’interno le condizioni naturali (di
Neumann). Ad esempio le forze interne che nel metodo diretto vengono
considerate, in quello variazionale non vengono prese in considerazione
perché compiono lavoro nullo. Un altro vantaggio della formulazione variazionale,
oltre che nella possibilità di ricavare le equazioni algebriche con metodi
sistematici, sta anche nel fatto che le condizioni al contorno naturali (di
Neumann) sono già contenute all’interno del funzionale. Per contro il
procedimento non permette un diretto controllo sulle equazioni generate in
quanto non sono facilmente riconducibili relazioni con il mondo fisico ed
inoltre non è sempre facile riuscire a ricavare il funzionale del problema in
esame. IL
PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI
Uno dei principi più utilizzati per lo sviluppo della teoria degli elementi finiti risulta essere il principio dei lavori virtuali (PLV), che afferma: “L’applicazione di uno
spostamento virtuale congruente con le condizioni di vincolo ad un sistema in
equilibrio, genera un sistema di forze (interne, esterne e vincolari) tale
per cui il lavoro interno (quello prodotto dalle forze interne) risulta
uguale al lavoro esterno (quello prodotto dalle forze esterne)” Come è noto il lavoro di una forza è pari al prodotto
scalare della forza per lo spostamento del suo punto di applicazione. Il
lavoro virtuale sfrutta la stessa definizione:
Con riferimento alla Figura 2 è possibile scrivere il
principio dei lavori virtuali come segue:
dove dui sono gli spostamenti dei punti di
applicazione delle forze, rj
sono i cedimenti vincolari e dsk sono gli spostamenti virtuali interni
(allungamento della molla). Figura 2 Tale principio è uno strumento molto potente per poter
ricavare le relazioni matriciali che servono per l’implementazione in codici
di calcolo in grado di risolvere le strutture idealizzate. Uso e riferimento per un utilizzo generale trova una
vasta applicazione in molti campi. Inoltre, non avendo formulato nessuna ipotesi
sulla natura delle leggi costitutive, queste possono essere lineari o
non-lineari. Le ipotesi che devono essere rispettate sono: · la congruenza tra spostamenti e
deformazioni; · l’equilibrio tra forze interne, esterne e
vincolari. La potenza del principio è insita nella possibilità di
scindere i due sistemi: forze e spostamenti - deformazioni non devono essere
necessariamente legati l’uno all’altro. Ciò significa che una struttura può
essere studiata nel suo comportamento usando delle forze di prova, ottenendo
come risultato un campo degli spostamenti che rappresenterà, per l’appunto,
il comportamento. |
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