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ASSEMBLAGGIO · ASSEMBLAGGIO DI ELEMENTI FINITI
MONODIMENSIONALI · I TELAI
PIANI: PRIMI ESEMPI DI DISCRETIZZAZIONE
· ASSEMBLAGGIO DI ELEMENTI FINITI
BIDIMENSIONALI · · ·
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· INTRODUZIONE La soluzione delle equazioni differenziali che governano
un problema strutturale, mediante la formulazione debole dello problema
stesso, viene ricondotta alla soluzione di una serie di equazioni algebriche.
Questo è permesso dalla discretizzazione della struttura tramite una mesh
(maglia) di elementi finiti. Tali equazioni, opportunamente ordinate in un
sistema lineare, in scrittura matriciale, possono essere raggruppate nella
forma seguente:
dove K è la matrice globale di rigidezza del
sistema, u è il vettore degli
spostamenti (incognita del problema) ed f è il vettore delle forze
applicate (termine noto del problema). Figura 1 L’integrazione delle relazioni differenziali sui
sottodomini (Wi)
individuati dai singoli elementi finiti (Figura 1) permette di valutare le
matrici (di massa, di rigidezza, ecc.) per ognuno di questi elementi. La
soluzione del problema deve necessariamente utilizzare uno strumento che
riesca a trattare tutte le singole matrici come un’unica matrice del sistema.
È quindi indispensabile eseguire un’operazione di assemblaggio. SEMPLICE
ESEMPIO DI ASSEMBLAGGIO Assemblaggio : il complesso delle operazioni necessarie
per mettere insieme le varie parti precostituite, di macchinari, apparecchi o
manufatti, talora anche figure. Dalla definizione sopra riportata si evince che il
processo di assemblaggio prevede, una volta creati i singoli oggetti (matrici
degli elementi), la formazione di un unico pezzo (matrice globale), mediante
un’opportuna operazione di assemblaggio. Per comprendere cosa significa assemblare le matrici
degli elementi finiti, inizieremo considerando l’esempio descritto nelle
figure sottostanti. Modelliamo un’asta agente solo a sforzo normale (per la
quale l’unico grado di libertà coinvolto è quello alla traslazione
orizzontale) in due differenti modelli: - modello tipo A con una sola asta (Figura 2,
sinistra); - modello tipo B con due aste (Figura 2, destra). Figura 2 Per il modello
tipo A valgono le seguenti relazioni di equilibrio rispettivamente al
nodo 1 ed al nodo 2:
dove EA/L è la rigidezza assiale dell’elemento e R è la
reazione vincolare al nodo
Per il modello
tipo B, dove i due elementi usati per la modellazione dell’asta hanno una
lunghezza pari alla metà di quella dell’asta stessa, si rende necessario scrivere
un set di relazioni di equilibrio per ognuno degli elementi. Per l’asta “a” valgono le seguenti relazioni che
forniscono i valori delle forze ai nodi 1 e 3:
Per l’asta “b” valgono le seguenti relazioni che
forniscono i valori delle forze ai nodi 3 e 2:
L’equilibrio del nodo 3 deve essere assicurato mediante
l’imposizione dell’uguaglianza delle forze che nascono al nodo 3 considerato appartenente
sia all’asta “a” che all’asta “b”. La relazione di equilibrio di tale forze
viene impostata come segue:
La scrittura del sistema che descrive il modello tipo B risulta quindi il
seguente:
La scrittura matriciale del sistema (7) si presenta
nella seguente forma:
OSSERVAZIONE 1: I termini corrispondenti ad
elementi diversi, ma contribuenti allo stesso nodo (termini riquadrati in
(8)), vengono semplicemente sommati nel corrispondente termine della matrice
globale. OSSERVAZIONE 2: i termini in posizione ij nulli
della matrice sono da interpretare come una non interferenza tra la forza
applicata al nodo j e lo spostamento del nodo i. In generale si
può affermare che l’operazione di assemblaggio prevede che i gradi di libertà
locali (appartenenti all’elemento) che contribuiscano allo stesso grado di
libertà globale (dell’intero modello), vengano opportunamente sommati,
costituendo un unico valore all’interno della matrice globale. ASSEMBLAGGIO
DI ELEMENTI FINITI MONODIMENSIONALI Con l’esempio precedente si è cercato di chiarire in
maniera diretta il significato di assemblaggio di due elementi finiti. Con l’esempio che viene proposto nel seguito si
eseguirà una nuova operazione di assemblaggio introducendo la matrice di
rotazione. Tale matrice permetterà di trasformare il sistema di riferimento
locale dell’elemento in quello globale. Si noti che la struttura proposta non è caricata,
focalizzeremo infatti l’attenzione al solo assemblaggio delle matrici di
rigidezza. L’estensione a matrici e vettori coinvolti nell’analisi
strutturale seguiranno gli stessi principi. Osservando le due aste di tipo truss riportate nella
Figura 3, è facile intuire che: - il grado di libertà locale u1,1
contribuisce ai gradi di libertà globali u1 e v1. - i gradi di libertà locali u2,1 e u2,2
contribuiscono a quelli globali u2 e v2. - il grado di libertà locale u3,2
contribuisce ai gradi di libertà globali u3 e v3. Figura 3 Prima di eseguire la valutazione della matrice globale,
risulta necessario trasformare le matrici delle singole aste (valutate in un
riferimento locale) riportando i singoli contributi in riferimento comune
(quello globale). Tale operazione si attua mediante matrici di rotazione che
permettono la trasformazione da un sistema di gradi di libertà locale a
quello globale attraverso una semplice rotazione di assi. Per i truss evidenziati in figura la matrice di
rotazione permette di passare da un sistema ad un grado di libertà per ogni
nodo ad un riferimento cui sono attivi due gradi di libertà.
dove q rappresenta la rotazione del sistema locale rispetto a
quello globale, attorno all’asse uscente dal piano della rappresentazione del
modello. L’operazione di trasformazione prevede una pre- e
post-moltiplicazione delle matrici di rigidezza locali con quella di
rotazione riportata in (9):
dove K*[2x2] è la matrice del sistema (3). È
interessante notare come la matrice di rigidezza di un singolo elemento passa
da una dimensione pari a due ad una dimensione pari a quattro: per ogni nodo
infatti ci sono due gradi di libertà globali; a livello dell’elemento asta i
gradi di libertà diventano quindi quattro. Eseguendo i prodotti in (10) si ottiene la seguente
matrice:
La matrice in (11) è quindi la matrice di rigidezza di
un elemento truss riportata nel sistema di riferimento globale. È ora
possibile proseguire con l’operazione di assemblaggio. Riferendoci alla
Figura 3 andremo ad individuare l’angolo dell’asta 1 con a e quello relativo all’asta 2 con b. Ne risulteranno due matrici che per
semplicità di esposizione le indicheremo con A e B:
La creazione della matrice globale, che presenta una
dimensione pari al numero di gradi di libertà cui gode il sistema
rappresentato in Figura 3, viene effettuata coma segue:
OSSERVAZIONE 3: La possibilità di costruire la matrice
di ogni elemento e successivamente di assemblarle in quella globale permette
di poter modellare strutture composte da elementi caratterizzati da proprietà
fisico-meccaniche diverse. Tale aspetto è uno dei punti di forza, in base al
quale il FEM si è imposto come mezzo di indagine sperimentale e di progetto. OSSERVAZIONE 4: L’operazione di assemblaggio è
fondamentale per costruire le matrici globali della struttura: se la
struttura è in campo statico verrà formata solo quella di rigidezza; se
invece la struttura è in campo dinamico anche quelle di massa e di viscosità. OSSERVAZIONE 5: Per eseguire l’assemblaggio delle
matrici degli elementi è necessario “mappare” tutti i gradi di libertà della
struttura secondo una numerazione globale e quindi univoca. A seguito
dell’assegnazione di tale ordine, si faranno corrispondere i gradi di libertà
locali a quelli globali. I TELAI
PIANI: PRIMI ESEMPI DI DISCRETIZZAZIONE Storicamente la prima idealizzazione delle strutture è
quella degli edifici civili, per i quali una discretizzazione ad elementi
beam (elementi trave soggetti a sforzo normale, flessione e taglio;
sviluppati secondo la classica teoria della trave) o truss (ideali per le
modellazioni di strutture reticolari) è stata largamente utilizzata. Per una struttura a telaio o per una reticolare
l’elemento finito di base è il modello asta, che schematizza le varie
membrature (pilastri e travi) con elementi monodimensionali i cui nodi
coincidono con i nodi strutturali di collegamento tra travi e pilastri
(Figura 4). Figura 4 La matrice di rigidezza per un’asta sollecitata nel
piano a taglio, sforzo normale e momento flettente è riportata in (14). Si
noti come tale matrice sia un’estensione di quella usata negli esempi
precedenti dove l’unico grado di libertà attivo risultava quella alla
traslazione assiale.
La matrice (14) viene ricavata mediante l’applicazione
di distorsioni (traslazioni e rotazioni) unitarie applicate alternativamente ai
nodi. Tale matrice si riferisce infatti ad un vettore nelle incognite
ordinate come segue:
dove u è lo spostamento assiale, v è lo spostamento
trasversale e q è la rotazione dell’estremità considerata. Ogni
matrice del tipo K*ij rappresenta la matrice di rigidezza di
un’asta connessa ai due nodi i e j , nella quale E è il modulo di elasticità
del materiale, J è il momento d’inerzia baricentrico della sezione, l è la lunghezza
dell’asta. Il significato di ogni termine della matrice di cui sopra prende
un preciso significato: K*ij è la forza che nasce nel nodo di
coordinate i, a seguito dell’applicazione di una forza unitaria nel nodo di
coordinate j In questo caso la matrice di rotazione risulta la
seguente:
OSSERVAZIONE 6: la matrice di rigidezza presenta un
dimensione tale per cui l’operazione tipo (10) riporta la matrice locale a
sei gradi di libertà per elemento, allo stesso numero di gradi di libertà. ASSEMBLAGGIO
DI ELEMENTI FINITI BIDIMENSIONALI L’operazione di assemblaggio per una discretizzazione
mediante elementi bidimensionali (shell, plate) segue gli stessi principi di
quelli mostrati nei punti precedenti.
Figura 5 Ad ogni
nodo viene assegnata una numerazione locale, utile alla creazione delle
matrici di rigidezza del singolo elemento; a livello globale ne viene
assegnata una numerazione in base alla quale si possano eseguire la relazioni
di equilibrio dei nodi appartenenti ad elementi differenti (Figura 5). |
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