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Modellazione · · ELEMENTI FINITI E FUNZIONI DI FORMA · Andrea Bacchetto · · INTRODUZIONE · FUNZIONI DI FORMA DI ELEMENTI
MONODIMENSIONALI · FUNZIONI DI FORMA DI ELEMENTI
BIDIMENSIONALI ·
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INTRODUZIONE
La discretizzazione del dominio porta quindi alla
generazione di nodi e di elementi finiti. I nodi, nelle applicazioni
del metodo FEM, sono entità molto importanti in quanto la soluzione
dell’intera struttura viene riferita ad essi: per estendere i valori del
campo delle incognite su tutto il corpo vengono utilizzate delle funzioni che
con la desiderata approssimazione riportano i valori nodali in ogni
sottodominio. Gli elementi finiti sono delle entità geometriche più o
meno regolari caratterizzate da un determinato numero di nodi variabile a
seconda del tipo di elemento. Tali nodi posso coincidere con i vertici degli
elementi, ma in alcuni casi, ce ne possono essere alcuni disposti lungo i
lati degli elementi stessi o addirittura all’interno. Un elemento
quadrangolare, ad esempio, può avere un numero di nodi variabile da quattro
(uno per ogni vertice) a nove (quattro ai vertici, quattro nei punti medi dei
lati ed uno centrale). È evidente che all’aumentare del numero di nodi
aumenta il grado del polinomio utilizzato per interpolazione dei dati ai nodi
e, quindi, aumenta anche la qualità dell’approssimazione. La scelta delle cosiddette funzioni di forma,
che sono generalmente polinomiali (o comunque a comportamento noto) è un
altro punto fondamentale che permette di ottenere una soluzione del modello
FEM più o meno vicina alla realtà che si vuole simulare. Al fine di rappresentare correttamente il valore ai nodi, le funzioni di forma devono assumere valori unitari nel nodo considerato e valori nulli sul resto dei nodi. Il campo delle incognite per un problema di tipo
tridimensionale può essere rappresentato mediante la seguente relazione
generale:
Cioè a dire che il campo delle incognite è una funzione
delle tre coordinate x, y, e z. Al fine di sfruttare il principio di approssimazione
già introdotto precedentemente, si dovrà scegliere un insieme di punti in cui
specificare esattamente le incognite (u*i), mentre l’andamento
della funzione è legato esclusivamente al comportamento delle funzioni di
approssimazione Ni dell’elemento dette funzioni di forma:
Quindi solo le funzioni Ni dipendono dalla
posizione. FUNZIONI
DI FORMA DI ELEMENTI MONODIMENSIONALI
L’esempio
più semplice di funzione di forma è l’elemento finito lineare a due nodi dove
le funzioni di forma sono di tipo lineare (vedi Figura 1):
Figura 1 Per un elemento lineare è possibile utilizzare anche
funzioni di forma a grado più elevato, oppure le funzioni lagrangiane
definite dalle seguenti formule:
e
rappresentate graficamente nella Figura 2. Figura 2 È
facile notare come le funzioni mostrate qui sopra assumono valore unitario
nel nodo di appartenenza e nullo nel resto dei nodi. FUNZIONI
DI FORMA DI ELEMENTI BIDIMENSIONALI
Le applicazioni che utilizzano elementi bidimensionali sono
molto ampie (assialsimmetriche, stati piani di tensione e deformazione,
ecc.). Secondo una formulazione isoparametrica degli elementi
finiti, per l’esecuzione delle operazioni di integrazione al fine di valutare
le varie matrici (di rigidezza, di massa, ecc.) utili all’assemblaggio, si
ricorre ad una trasformazione di coordinate dalle generali (x1,x2)
a quelli locali (x,h), per le quali il generico quadrilatero viene
trasformato in un quadrato di lato 2 centrato nell’origine (Figura 3):
Figura 3 Per
questa tipologia di elemento finito esistono vari gradi di approssimazione; per
un elemento a quattro nodi si utilizzano delle funzioni bi-lineari che nello
spazio di riferimento assumono le seguenti forme:
La trasformazione in coordinate locali risulta essere
molto comoda in fase di integrazione sopra la superficie dell’elemento. I
solutori ad elementi finiti hanno sviluppato una potente sistematicità e
velocità che permette di calcolare gli integrali di tutti gli elementi
dell’assemblaggio. Come tutte le trasformazioni di coordinate in fase di
integrazione in più di una dimensione richiede il calcolo del determinate
Jacobiano J della trasformazione. Tale calcolo risulta però particolarmente
difficile da trattare dal punto di vista numerico quando la geometria
dell’elemento originario presenta distorsioni notevoli come rapporti tra i
lati molto grandi o angoli ai vertici tendenti o maggiori dell’angolo piatto
(180°). In tali casi il determinante può risultare nullo o addirittura
negativo, innescando una serie di problemi legati all’inversione della
matrice della trasformazione. Le relazioni della trasformazione di
coordinate sono espresse simbolicamente dalle seguenti:
Si noti come la trasformazione (x,y) « (x,h) viene fatta sotto l’ipotesi di
considerare un elemento isoparametrico. Altri tipi di funzioni di forma sono
mostrati in Figura 4: Figura 4 |
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